Intervista ad Andrea Lucchesini

Andrea Lucchesini

Il primo concerto del 2025 al Teatro Carlo Felice è a "firma" di Andrea Lucchesini, di ritorno a Genova dopo due anni di assenza.
Nel suo programma svetta l'omaggio a Luciano Berio, artista e compositore ligure, nato a Oneglia nel 1925, di cui quest'anno si celebra il centesimo anniversario.
La collaborazione fra Lucchesini e Berio affonda le sue radici alla fine degli Ottanta ed è proseguita fino alla scomparsa del Maestro: ce ne ha parlato il pianista vincitore, a soli diciotto anni, il Concorso Internazionale Dino Ciani del Teatro alla Scala di Milano nel 1983.

Quest'anno si celebrano 100 anni dalla nascita di Luciano Berio. Perché celebrare l'artista e soprattutto l'opera?

Luciano Berio è stato uno dei compositori e, direi, uno dei personaggi italiani più importanti del XX secolo. Non si è limitato solo a scrivere musica. È stato un divulgatore, un filosofo della musica: non vanno dimenticate le famose lezioni americane che tenne ad Harvard. Un personaggio a tutto tondo che è giusto ricordare, appunto, a 100 anni dalla nascita. Il suo repertorio è importantissimo e molto ampio: spazia dalla musica solistica alle grandi opere sinfoniche, all'opera teatrale. Berio ha lavorato veramente a 360 gradi ed è un compositore di riferimento che sicuramente rimarrà nella storia della musica.

Berio, a differenza di altri autori coevi del Novecento, ha preferito rimanere su una struttura musicale di tipo tradizionale, invece magari di sposare le avanguardie e le "manomissioni2 del suono o magari di guardare all'elettronica. Perché e in che modo ha scelto e intrapreso questo percorso?

Berio affermava sempre che si deve avere grande rispetto della storia, della storia della musica in generale, dei grandi maestri del passato: ma anche della storia dello strumento. Per questo motivo ha sempre cercato di portare al massimo le potenzialità di quest'ultimo, senza però modificarne la struttura. I riferimenti ad autori del passato erano continui: basti pensare, appunto, al suo amore per Scarlatti, per Beethoven, per Schubert. Secondo me, è venuto naturale, per lui, avvicinarsi alla musica guardando sempre al passato, volgendo lo sguardo a tutto ciò che era stato scritto fino a quel momento. Berio lo "faceva" suo e lo sviluppava in un'epoca, appunto, nella quale lui è vissuto.

Maestro, per omaggiare Luciano Berio lei ha scelto di inserire nel programma i 6 Encores e la Sequenza IV per pianoforte. Si può dire che il suo pianismo di tipo virtuoso, persino "acrobatico". In che modo?

Ho scelto, di Luciano Berio, due brani piuttosto significativi. Uno è la Sequenza IV che fa parte delle quattordici scritte per vari strumenti. Berio eleva al massimo, in tutte le Sequenze, il virtuosismo dello strumento. Cerca di di ricavare dallo strumento tutte le potenzialità virtuosistiche. La Sequenza IV per pianoforte dischiude due "percorsi", uno riservato alle mani e uno riservato ai piedi. In riferimento a quest'ultimo, assumono importanza l'uso del pedale tonale, del pedale una corda e anche del pedale di risonanza. Non solo. Berio vuole, chiede espressamente che l'attacco del tasto sia un attacco che varia in ogni momento: dunque, un attacco di tipo classico, ma anche jazzistico. Ne consegue che l'esecutore, "provocato" dall'autore, è condotto a esplorare tutti i tipi di tecnica pianistica. Si tratta di una ricerca che Berio ha applicato a tutte le altre Sequenze. Per molti strumenti, quindi, è stato veramente un "prima di Berio" e un "dopo Berio": significa che la Sequenza scritta per quel dato strumento ha inferto un punto di svolta nella tecnica dello strumento medesimo.
L'altro pezzo che ho messo in programma è una raccolta di sei brani composti da Berio in epoche diverse, sei "bis" che lui ha battezzato "Encores". Alcuni li ha dedicati ad amici, altri li ha scritti "di getto" dopo una conversazione con musicisti. Quattro di questi hanno dei titoli che richiamano i quattro elementi. Notiamo, chiaramente, lo sviluppo della sua scrittura. I primi sono più semplici, mentre gli ultimi due, scritti nel 1989, risultano, invece, virtuosistici. Analogamente alla Sequenza IV, l'uso dei pedali è importantissimo. Ritengo che questi due pezzi siano un buon riferimento per capire il pianismo di Luciano Berio.

Lei ha collaborato con Luciano Berio soprattutto negli anni '90. Cosa le ha dato questa collaborazione e quali sono le "vette"?

Ho conosciuto Luciano Berio nel 1989. Per me è stata una rivelazione: è come se mi avesse preso per mano per farmi scoprire tutto quello che era il mondo della musica contemporanea che conoscevo ma non avevo praticato così a fondo. Il rapporto di amicizia ha significato molto per la mia crescita. Berio non solo mi ha permesso di suonare Echoing curves, il secondo concerto per pianoforte e orchestra: ho lavorato a tutta la sua musica fino all'ultima opera, la sonata di grandi dimensioni scritta pochi anni prima di morire nel 2001. Una partitura che ho visto nascere e crescere giorno dopo giorno, un'esperienza meravigliosa, poiché veder crescere un'opera accanto al compositore è ciò che ogni musicista vorrebbe fare. Berio mi ha regalato moltissimi consigli: ad esempio, in che modo impaginare un programma o come comportarsi durante la vita concertistica. Insomma, Berio è stato un grande punto di riferimento: considero lui e la mia Maestra, Maria Tipo, le due figure sicuramente più importanti della mia vita da un punto di vista musicale.

Qual è, secondo lei, l'eredità di Luciano Berio?

Di Berio, oltre alla sua musica, rimarrà l'insegnamento di "guardarsi intorno", essere sempre curioso, non rifiutare a priori certi ambiti di ricerca. Se scorriamo il suo catalogo, notiamo la presenza di brani dal carattere completamente diverso. Berio è stato anche uno straordinario trascrittore, adorava i Beatles. Attribuiva enorme rilevanza alla musica popolare: è sufficiente ricordare le Folk Songs. Ritengo, quindi, che i compositori di oggi debbano trarre insegnamenento dalla sua espansività di pensiero.

Ha citato prima la sua insegnante, Maria Tipo. Qual è stata la sua influenza sul suo pianismo?

L'incontro con Maria Tipo è stato per me incredibile. L'ho conosciuta prestissimo: a sei anni ho avuto la fortuna di entrare nella sua classe. Normalmente un allievo traccia il suo percorso formativo con un insegnante e poi prosegue il perfezionamento da altri. A me è successo "tutto insieme". Mi sono perfezionato fin dal primo giorno, cioè avevo accanto a me una persona che praticava attività concertistica in modo continuativo.

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