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Intervista ad Alfredo Bernardini

Alfredo Bernardini

Oboista e direttore dell'Ensemble Zefiro, da lui fondato nel 1989, Alfredo Bernardini è stato protagonista con la sua formazione del terzo concerto della stagione 2019/2020, dedicato all'integrale dei Concerti Brandeburghesi di Johann Sebastian Bach.
Composti a Köthen fra il 1717 e il 1723 i Concerti Brandeburghesi, così ribattezzati nel 1873 dal biografo di Bach Philipp Spitta, costituiscono un affascinante laboratorio delle possibilità di scrittura per gruppo strumentale, indagate attraverso una straordinaria varietà di soluzioni compositive.
Alfredo Bernardini illustra, dunque l'aspetto rivoluzionario dei sei Concerti, i quali hanno impresso alla storia della musica uno dei momenti di altissima "avanguardia".

Maestro Bernardini, stasera lei e il suo ensemble, Zefiro, eseguirete i sei Concerti Brandeburghesi che sono considerati delle autentiche avanguardie della storia della musica. Può spiegarci il perché sono considerati, appunto, avanguardistici e addirittura una "proiezione" della musica nel futuro nel momento in cui sono stati composti?
I Concerti Brandeburghesi, come molti concerti scritti in Germania nel primo Settecento, vogliono rifarsi al modello italiano del concerto solistico o del concerto grosso che fu definito da compositori come Arcangelo Corelli e Antonio Vivaldi.
Detto questo, i Concerti Brandeburghesi mantengono una atipicità, nel fatto che non hanno il tipico organico dei concerti italiani con solo un solista e un'orchestra da accompagnamento. Gli organici dei sei Concerti Brandeburghesi sono tutti completamente differenti l'uno dall'altro. Un fatto che rende una serata con questi sei concerti molto ricca, molto varia. Vediamo comparire tutti gli strumenti dell'epoca barocca e tardo barocca. Alcuni erano molto nuovi all'epoca della stesura del manoscritto. Quindi, ci sono i flauti dolci, il flauto traverso, gli oboi, il fagotto, i corni, la tromba e tutti gli archi, comprese le viole da gamba e un violino piccolo nel Primo Concerto.
In alcuni casi troviamo degli organici veramente unici: per esempio nel Terzo Concerto Brandeburghese ci sono tre cori strumentali. Ogni coro è composto da tre strumenti: tre violini, tre viole e tre violoncelli; Bach amava molto giocare non i numeri. Non c'è nessun altro pezzo dell'epoca barocca e anche più tardi scritto per un organico simile.
Alcuni concerti, invece, sono dei concerti molto da camera cioè molto più piccoli come organico. Il più piccolo di tutti è il Sesto Concerto, che ha due viole da braccio soliste e due viole da gamba d'accompagnamento insieme al basso continuo. Insomma, c'è una grande varietà di colori, una grande ricchezza, un caleidoscopio strumentale molto bello da seguire.
Questi concerti sono oggi considerati come una pietra miliare del repertorio della musica classica in quanto scritti con la somma sapienza di un Bach che aveva circa 35 anni.
I Concerti combinano, quindi, un'inventiva melodica incredibile con un contrappunto fantastico e con un uso della strumentazione molto illuminato. Tutti elementi che rendono Bach un immenso compositore della storia della musica occidentale.

Parliamo ora della strumentazione "atipica" dei Concerti Brandeburghesi che sono noti, appunto, per l'organico "inusuale". Per esempio, nel secondo Brandeburghese hanno lo stesso ruolo di solisti il violino, la tromba, l'oboe e il flauto dritto. Nell'ottica di tale organico Bach attua però un preciso e raffinato lavoro di orchestrazione in grado di creare uno straordinario dialogo fra questi strumenti. Come riesce a fare ciò?
Il secondo Concerto Brandeburghese è sorprendente per il gruppo "improbabile" di solisti, cioè il flauto dolce - uno strumento considerato non molto forte come volume, l'oboe, il violino e la tromba: tra l'altro, una tromba in Fa, ossia una tromba molto acuta, con un taglio acuto eccezionale anche per l'epoca - normalmente le trombe erano in Do o in Re.
La tromba in Fa è particolarmente squillante: quindi, in dialogo con un flauto dolce, l'equilibrio possiamo immaginarlo molto difficile. Bach riesce a far dialogare tutti questi strumenti, creando un equilibrio magico tra, appunto, quattro strumenti molto differenti l'uno dall'altro.
Naturalmente Bach è estremamente esigente con tutti i suoi strumenti, come lo è d'altra parte con i cantanti nelle sue Cantate, nei suoi Oratori o nelle sue Messe. Per il Secondo Concerto Brandeburghese bisogna però avere quattro solisti d'eccellenza, come d'altronde con tutti i Brandeburghesi.
Sempre relativamente al Secondo Concerto, sappiamo che la parte della tromba è una pietra miliare del repertorio trombettistico e per tutti i trombettisti è una meta molto ambiziosa a cui guardare. Il Concerto, peraltro, presenta una parte di accompagnamento orchestrale molto più modesta rispetto, per esempio, al Primo Concerto e si ritiene che Bach possa averlo scritto con solamente questi quattro solisti come pezzo di musica da camera e avesse forse una prima stesura nella quale era escluso l'uso dell'orchestra. Nel secondo movimento la dimensione cameristica viene messa in evidenza dal fatto che la tromba tace e così fa il resto dell'orchestra: rimangono, quindi, solamente il quartetto di flauto dolce, oboe, violino e basso continuo.
In tutti i Concerti Brandeburghesi Bach ha un po' un "piede" tra la musica da camera e un altro nella musica orchestrale.

Passiamo ora agli "stili" dei sei Concerti Brandeburghesi. In essi, infatti, sono riunite le caratteristiche di diversi stili, dai modi di danza tipici di quello francese al concerto italiano fino al severo contrappunto della tradizione tedesca. Come riesce Bach a fondere egregiamente questi stili nei sei Concerti?
Per tutti i compositori tedeschi il modello italiano e il modello francese erano i due "sommi modelli" da seguire. Poi, con grande vanto, il flautista Joachim Quantz ci dice che i tedeschi avevano creato il loro "stile misto", gemischter Stil, che combinava lo stile francese e quello italiano. Nei Concerti Brandeburghesi ciò si nota in diversi momenti: troviamo la cantabilità degli Adagi e dei Larghi, tipicamente italiani, con lo stile di danza come, per esempio, il Minuetto del Primo Concerto Brandeburghese, e le varie Gigue che compaiono nel Quinto e nel Sesto. È, dunque, tipico dei compositori tedeschi di inizio Settecento combinare insieme questi stili.

Maestro Bernardini, cosa significa per un orchestra come Zefiro interpretare tutti e sei i Concerti Brandeburghesi?
Per un'orchestra barocca mettere in programma i sei Concerti Brandeburghesi è un progetto molto ambizioso, soprattutto perché è fondamentale avere in ogni ruolo un solista d'eccellenza.
I Concerti sono tutti molto "trasparenti": ogni musicista è particolarmente esposto, pertanto occorre essere estremamente "in forma", e nella fase di preparazione è molto interessante studiare la partitura e anche il contesto attorno alla partitura.
Si tratta di un progetto che richiede tempo, studio e che, come capita nella migliore musica, fornisce l'occasione di scoprire tante cose: è una bellissima avventura, un progetto formativo veramente importante per noi.

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